Gaza: serve il cessate il fuoco, ora!

Striscia di Gaza, 9 ottobre 2023.  © Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons
Striscia di Gaza, 9 ottobre 2023.  © Palestinian News & Information Agency (Wafa) in contract with APAimages, CC BY-SA 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0, via Wikimedia Commons

Di solito come lista civica interveniamo soltanto su temi di carattere locale. Ma la gravità di quanto sta avvenendo impone un’eccezione. A Gaza risultano finora 8.525 palestinesi uccisi, tra cui almeno 3.542 bambini e 2.187 donne. Ad essi si aggiungono 1.138 vittime israeliane, tra cui 826 civili e poliziotti e 315 soldati. Secondo i dati ONU, il 62% della popolazione di Gaza (1,4 milioni di persone) è dovuta fuggire dalle proprie abitazioni, il 45% delle abitazioni è distrutto. Le scorte di cibo nell’intera Striscia sono sufficienti ancora per 5-7 giorni, e ci vogliono 4-6 ore per ricevere metà della quantità di pane normale, mentre i tre acquedotti provenienti da Israele sono stati chiusi e vi è una grossa perdita nell’acquedotto proveniente dall’Egitto. Il 65% delle fognature non funziona, due terzi delle strutture di pronto soccorso medico sono distrutte e si contano sino ad ora 82 attacchi a strutture sanitarie. Le scuole colpite sono 221.

Di fronte a questo quadro è evidente come l’unica strada possibile sia un cessate il fuoco umanitario immediato, per impedire quella che sarebbe di fatto una pulizia etnica della Striscia di Gaza, la cui popolazione in breve tempo altrimenti fuggirà verso l’Egitto. Tale proposta è stata votata dalla maggioranza degli stati ONU, con l’astensione italiana, ma è stata bloccata dal veto statunitense.

Non è questione qui di appoggiare Hamas, che con i suoi attacchi indiscriminati ai civili e il suo integralismo religioso rappresenta l’altra faccia della medaglia di Netanyahu e Ben Gvir. È questione di impedire una catastrofe umanitaria e un possibile allargamento del conflitto ad entità statuali come l’Iran, cosa che comporterebbe il serissimo rischio di un impiego di armi atomiche da parte di Israele, con conseguenze del tutto inimmaginabili e che rischierebbero di coinvolgere direttamente anche i paesi occidentali in una guerra nucleare.

È questione di mettere fine da parte israeliana, che è la parte di gran lunga più forte e che quindi in questo momento storico ha obiettivamente le maggiori responsabilità, a un’occupazione militare illegale della Cisgiordania che dura dal 1967 e che ha portato a creare un sistema descritto da autorevoli intellettuali e figure pubbliche israeliane come di apartheid, definizione controversa in Occidente ma che a loro parere risulta la più adatta per descrivere un sistema in cui una popolazione gode di pieni diritti e un’altra è sottoposta a continue vessazioni e alla legge marziale di un paese di cui non è considerata nemmeno cittadina. Questa occupazione del resto sta provocando una degenerazione della stessa democrazia e società israeliana, come dimostrato dalle crescenti tentazioni autoritarie di Netanyahu e dalla crescita dei partiti dell’estrema destra sionista. Non è un fenomeno nuovo, ma uno sviluppo tipico delle società coloniali sotto assedio, come i pieds noirs algerini o il Sudafrica dell’apartheid.

Ma non è solo la democrazia e la società israeliana ad essere in pericolo, ma anche la nostra. Ogni giorno si susseguono notizie di incidenti e attacchi antisemiti nelle nostre città, e dall’altra parte di crescenti episodi di razzismo antiarabo. I frutti avvelenati del conflitto mediorientale stanno quindi arrivando anche da noi ed è nostro dovere mobilitarci per dare la nostra solidarietà alle vittime di questi episodi di entrambe le comunità. L’antisemitismo è una faccenda seria, con cui anche a sinistra bisogna misurarsi seriamente. Non dimentichiamo che a Fossoli partigiani da un lato ed ebrei dall’altro stavano in due sezioni diverse dello stesso campo, gli uni destinati a Mauthausen e gli altri ad Auschwitz. Non dimentichiamo il contributo fornito da tanti ebrei alla lotta partigiana (basti ricordare Franco Cesana), ma anche alle lotte per la democrazia e il progresso sociale (menziono qui per brevità i soli Ferruccio Teglio, primo sindaco socialista di Modena e Pio Donati, uno dei primi parlamentari socialisti modenesi), e ancor prima per le lotte per l’indipendenza e l’unità nazionale nel Risorgimento e nei moti popolari ottocenteschi.

Invitiamo quindi la popolazione maranellese innanzitutto a informarsi sul conflitto, a seguire le voci di gruppi come Jewish Voice for Peace, un gruppo di giovani ebrei che sta riuscendo a mobilitare molti giovani ebrei e non ebrei contro la politica di Israele in Palestina, e a sostenere tutte le iniziative che mirano a protestare contro le politiche dei governi occidentali e per l’avvio di un processo di pace e riconciliazione tra i popoli.

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